L’arte contemporanea spesso lascia perplessi: suscita infatti un mix di divertimento, meraviglia, noia e la sottile sensazione di essere a volte presi per il culo.
Quando mi succede (spesso a dire il vero), mi chiedo:
“ma che cos’è l’arte?”
Non ho una risposta definitiva, mi spiace. In questi casi provo di solito di risalire alle origini, convinta che lì possa esserci la soluzione che cerco.
Qual è il ruolo dell’arte?
L’essere umano ha dei bisogni primari: mangiare, dormire, bere. La vita dei primi esponenti della nostra specie era mossa di certo da queste necessità. L’arte sembrerebbe allora un argomento davvero superfluo in un mondo in cui la sopravvivenza è così difficile. E invece l’arte nasce in epoche antichissime, e non è frutto dell’ozio di chi ha la pancia piena e tanto tempo libero da riempire.
Le prime opere artistiche sono legate alla caccia, alla morte, ai misteri della vita. L’arte è insomma nata da bisogni altrettanto forti: quello spirituale ed emotivo.
La spiritualità delle origini è sciamanica, animista e magica. Vede il divino come presente in ogni cosa, e non astratto e distaccato dalla vita quotidiana. Sciamanesimo e arte quindi sono intrecciate sin dalle origini: creare con le proprie mani è un vero e proprio rituale, una pratica spirituale.
E scusa se è poco.
L’artista sciamano
Mica è un caso se la parola ispirazione etimologicamente contiene proprio quella di spirito. Forme, colori, segni sono tutti strumenti per esprimere qualcosa di immateriale e fondamentale: emozioni, sensazioni, energie e idee. Alle origini probabilmente chi faceva arte si occupava anche di spiritualità. Per questo, a distanza di millenni e dopo che correnti artistiche e speculazioni varie sono passate sono i ponti della storia, l’artista è ancora un po’ uno sciamano. Non è solo la persona che sceglie le giuste tonalità, che mette in armonia la composizione, che riproduce il reale. L’artista è lo sciamano o la sciamana che con la sua azione, e spesso anche con il suo corpo, materializza, dà sostanza, svela e celebra l’invisibili.
Sì, magari avrei potuto farlo anche io quel quadro, quella performance, quella poesia. Ma non l’ho fatto. O forse lo faccio ma in modo diverso, con strumenti e risorse differenti. Se siamo vivi, abbiamo tutti il diritto e il bisogno di creare e di contattare il divino.
Il piacere di creare
Quando mi ricordo di tutto questo, provo ad andare oltre la superficie, oltre al manufatto estetico che sto guardando. Allora inizio a cercare l’Anima: la mia che si rispecchia nella creazione dell’altro, e quella dell’artista che ha generato l’opera. Il segno, la tela, la coreografia, il testo sono solo la punta dell’iceberg: la parte più interessante per me è quello che c’è sotto, tutto il lavoro introspettivo, di riflessione, e le emozioni coinvolte. Questo nucleo mi ricorda che oltre alla realtà materiale, concreta e definita c’è il mondo dell’ispirazione e dello spirito, di cui tutto fa parte allo stesso tempo.
Si può andare in profondità in molti modi: con la meditazione, lo studio, la psicoterapia. Aprendo il cuore e sviscerando le proprie emozioni. Alcuni metodi possono essere anche molto dolorosi e intesi. L’arte dalla sua parte ha in più la componenete estetica, legata ai sensi e alla loro percezione. Grazie all’arte possiamo immergerci nel buio del mistero e delle profondità interiori, ma alimentando anche piacere, divertimento e gioco. E questo per me vince sempre.