
All’inizio i social media erano come il paese della Cuccagna per la mia creatività. Facebook e Instagram erano simili alle prime piattaforme per blog, ma meglio. Molte più immagini, interazioni veloci, e una quantità di spunti che arrivavano sotto il mio naso senza fare il minimo sforzo di ricerca.
Gli anni d’oro dei social network
Per quel che mi riguarda è stato una favola per circa una decade: da quando mi sono iscritta a Facebook nel 2008 a più o meno il 2018, in cui avevo all’attivo account su Facebook, Instagram, Pinterest, Linkedin e anche su Twitter (mai usato).
I social sono stati prima di tutto i miei occhi su un mondo lontano, quello anglofono in cui vedevo accadere tante cose che in Italia ancora neppure si immaginavano. E poi pian piano un nuovo fermento anche nel piccolo pezzetto di mondo in cui vivo, sempre più stimolante e in rapida evoluzione. In ore e ore sui social media ho conosciuto un sacco di persone fantastiche: artiste, illustratrici, fotografe, artigiane, creative (sì, la maggior parte donne). Ma ho anche scoperto molti eventi interessanti: corsi, workshop e manifestazioni a cui poi ho partecipato con gioia, sia virtualmente che dal vivo.
A ogni scroll un “wow!”, ogni secondo una nuova scoperta meritevole di un bel like, un “segui”, un “condividi”. Insomma, ho bevuto anche io con avidità dalla coppa dei social media, inebriandomi di ispirazione, perché di sicuro possono essere un serbatoio inesauribile di idee e spunti che stimolano la creatività.
Intossicazione creativa
Ma hai presente la storia delle scarpette rosse? La analizza anche Clarissa Pinkola Estés nel libro che dovresti assolutamente aver già letto (vero che l’hai fatto?). Le scarpette rosse sono una meraviglia, bellissime e comode, magiche e divertenti. Peccato che poi ti costringano a ballare senza sosta, senza riposo, sino alla morte.
A un certo punto i social sono diventati la grande abbuffata della creatività: un flusso ininterrotto, nauseante e letale. Un soffocante piacere, una iperstimolante necessità. La creatività ha bisogno di un terreno fertile e nutrito, non c’è dubbio. Ma la creatività è anche qualcosa che scorre: l’acqua deve essere tenuta pulita, così come il letto in cui passa..
Negli anni ho sperimentato diversi effetti negativi dei social media sulla mia creatività:
- pollice e polso della mano destra perennemente indolenziti o infiammati (prova poi a prendere in mano un pennello…)
- stanchezza e bruciore agli occhi per le ore davanti a uno schermo
- FOMO costante e sensazione vaga e perenne di inadeguatezza creativa
- ore e ore della mia vita sottratte ad altre attività creative, con la scusa che prima mi serve fare ricerca e trovare ispirazione
- nausea, disgusto e disinteresse per le novità (“ancora altro?!”)
- apatia, pigrizia e crisi filosofico-esistenziale (perché creare? che senso ha tutto?)
Dirsi addio
C’ho provato, lo giuro. A ritrovare l’entusiasmo, a cercare un equilibrio. A prendere il buono che i social media possono dare alla mia creatività, ma riducendone i danni. Al momento non ci sono riuscita e ho optato per un processo di disintossicazione totale.
Ho detto addio alla maggior parte dei miei account e ho disinstallato le app (ma quanto spazio occupano nello smartphone?). La mattina non scorro più nessuna bacheca. La sera guardo un film accarezzando i miei gatti e mio marito. Ho deciso di avere informazioni e aggiornamenti solo da chi veramente mi sta a cuore: mi sono iscritta alle newsletter, abbonata alle riviste, o semplicemente mi ricordo ogni tanto di fare un giro su quel sito web per vedere se ci sono novità.
Di sicuro la mia creatività è molto meno stimolata e pungolata, mi perderò eventi fantastici e scoperte sconvolgenti. Ma ho guadagnato tempo per fare cose belle (creare, pensare, leggere). Ho deciso di affidarmi alla magia del passaparola e delle relazioni umane vecchio stile. E sono convinta che per la mia creatività sia più salutare questo nuovo spazio pulito a cui dare forma.