Nell’ultimo periodo ho pensato molto alla fortuna e alla sfortuna.
Forse perché il viaggio in India mi ha catapultata in un mondo che ha tutta un’altra scala di valori e possibilità.
Diciamoci la verità: in occidente veniamo su piuttosto viziati, con aspettative molto alte e con tante possibilità dalla nostra parte (e spesso però con insicurezze e indecisioni pesanti come macigni, ma questa è un’altra storia). Non è che siamo dei choosy: è che quando vivi in un contesto e sei abituato a quello, ti adatti e ti regoli di conseguenza. Poi basta uscire un poco dalla propria bolla per finire a testa in giù, come l’Appeso dei tarocchi.
Nell’ultimo tempo quindi mi è capitato spesso di vedere cose che, secondo il mio metro di giudizio normale, avrei valutato in modo negativo ma che invece, da un altro punto di vista erano una benedizione incredibile.
Ad esempio: non avere acqua potabile in casa, ma avere comunque acqua corrente per lavarsi e per cucinare. Oppure dover condividere la stanza e il letto con altri membri della propria famiglia, ma avere una casa che può accogliere tutti e non dover dormire per strada.
Fortuna e sfortuna sono giudizi che spesso diamo partendo dal nostro particolare e soggettivo punto di vista, e non valori appartenenti alle cose di per sé.
C’è un piccolo esercizio che faccio quando mi capita una sfiga: pensare alle altre possibili versioni più catastrofiche che non sono successe. Non lo faccio per il gusto di pensare in negativo, ma perché mi rendo conto che poteva davvero andare molto peggio di come è andata. E quella che mi sembrava una grande sfortuna, magari prende una sfumatura più fortunata.
Il relativismo di fortuna e sfortuna mi fa pensare subito a una storia cinese che ho ritrovato diverse volte in libri o articoli. Parla di un contadino e dell’alternarsi di eventi fortunati e sfortunati allo stesso tempo. Se non l’hai mai sentita, te la racconto brevemente qui sotto.
Al vecchio contadino cinese scappò il cavallo che usava per lavorare nei campi.
Subito i suoi vicini andarono da lui a compatirlo per quella sfortuna e il contadino rispose: “Sfortuna, fortuna: e chi può dirlo?!”
Il giorno dopo il cavallo scappato tornò dal contadino, seguito da una mandria di cavalli selvaggi che aveva incontrato in montagna.
Subito i suoi vicini andarono da lui a congratularsi per quella fortuna e il contadino rispose: “Fortuna, sfortuna: e chi può dirlo?!”
Il figlio del contadino cercò allora di domare la mandria, ma fu disercionato e si ruppe una spalla.
Subito i suoi vicini andarono da lui a compatirlo per quella sfortuna e il contadino rispose: “Sfortuna, fortuna: e chi può dirlo?!”
In Cina scoppiò allora una guerra: tutti i giovani dei villaggi venivano arruolati e portati a combattere. Ma al figlio del contadino, proprio perché aveva una gamba rotta, fu risparmiato quel destino.
Questa storia mi è sempre piaciuta perché fa capire che non bisogna esser affrettati nel giudicare una situazione.
Solo con il tempo si possono collegare i puntini e capire le conseguenze positive o negative di qualcosa.
Quando il mio ex-marito mi ha lasciata, non potevo che pensare fosse decisamente qualcosa di molto negativo. Ora che ho un nuovo compagno e che sono più felice e serena di prima, realizzo che, se non fossi stata dolorosamente scaricata, non avrei mai potuto iniziare questa nuova relazione. Allo stesso modo se non fossi rimasta bloccata a letto con un’ernia anni fa, non avrei mai ripreso in mano colori e pennelli. E se non avessi avuto la necessità di lavorare nella vita, non avrei deciso di studiare psicologia, counseling e coaching (per la cronaca, sarei rimasta isolata nel mio fantastico atelier sulla spiaggia a dipingere tutto il tempo).
Insomma non puoi essere sicura delle conseguenze a cui ti porterà una situazione. C’è sempre margine di trasformazione e miglioramento. E spesso non c’entra solo la sfortuna o la fortuna, ma anche il modo con cui tu reagisci a quella situazione.