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web_IL_RITRATTO_COME_SPECCHIO_DELL_ANIMA_-_©_Ilaria_Ruggeri
Ti è mai capitato di fermarti davanti ad un ritratto e sentire una specie di brividino? A me capita sempre. I ritratti mi attraggono e mi affascinano.
C’è stato un momento in cui durante i miei viaggi cercavo apposta musei dedicati ai ritratti, per poterne osservare tanti e diversi e capire dove stava quel qualcosa di magico.
In questo articolo ti parlerò di questa forma di espressione, il ritratto, della sua storia e del bisogno di ritrarre gli altri e di ritrarci.

Fare un ritratto è un gesto spontaneo

Il ritratto è una forma d’arte che può avere diverse espressioni. Un ritratto può essere un’immagine dipinta o disegnata, può essere una scultura o una fotografia.
Ognuna di queste forme di rappresentazione ha una cosa in comune con le altre, cioè il bisogno di raccontare qualcosa che va oltre l’aspetto esteriore, quel qualcosa che parla della parte interiore di chi viene ritratto.
Il ritratto è una cosa che facciamo da sempre, dall’inizio dell’espressione artistica del genere umano.
Parlo di incisioni rupestri e uomini delle caverne ma parlo anche dell’inizio della nostra espressione come esseri umani, cioè quando una palla e due stanghette diventano mamma, papà, fratelli, sorelle, amici, noi stessi.
In quel momento della nostra vita i segni sono intenzioni di rappresentazione e rispondono ad un bisogno ancestrale e primario, che è il desiderio di fermare un ricordo e renderlo materiale.
Realizzare un ritratto forse ti sembra qualcosa di lontano e arcaico ma se ci pensi è un’azione quotidiana che facciamo tutti i giorni con il nostro telefonino, quando ci scattiamo un selfie o scattiamo una foto veloce di una persona a cui vogliamo bene.
In tutte queste azioni soddisfiamo sempre lo stesso bisogno di quando eravamo piccoli o ci vestivamo di pellicce di mammut: riproduciamo un ricordo per renderlo immortale.

La psicologia del ritratto

Questa idea di immortalità era proprio quella che avevano in mente i primi soggetti dei ritratti fatti su commissione, prima che la fotografia si diffondesse e quando era difficile raccontarsi attraverso le immagini.
Ti ricorderai sicuramente quei ritratti maestosi pieni di dettagli minuscoli e realistici di sovrani, papi, nobili, in cui ogni particolare era studiato per dare un’immagine rappresentativa della persona ritratta, per permettere di riconoscere il soggetto in mezzo ad una folla o su una carrozza, durante un corteo tra guardie a cavallo e gioielli scintillanti.
Da quando la raffigurazione della propria immagine era un privilegio riservato a una piccolissima cerchia, il ritratto si è evoluto ed è diventato un modo per rappresentare la psicologia di chi viene raffigurato.
Quando l’attenzione si è spostata verso alla vita interiore del soggetto, le forme e i colori sono diventati il modo per esprimere altro oltre alla fisicità.
Picasso, De Chirico, Mirò, Klimt sono artisti che hanno realizzato ritratti che mi emozionano sempre e che hanno sviluppato questa forma di ritratto psicologico.

Ritratto e autoritratto: vedersi nel profondo

Perché mi interessa così tanto il ritratto?
Perché è un modo per entrare dentro la rappresentazione delle emozioni ma anche dentro l’essenza interiore delle persone.
Vedo il ritratto come la copertina di un libro, un’immagine che racchiude tutta una storia.
Non ci sono pagine da sfogliare e da leggere.
La profondità della storia e come si svolge ti viene raccontata da quello che l’immagine ti trasmette, che si può solo intuire dalla copertina appunto.
Come può un ritratto catturare tanto di qualcuno con una rappresentazione astratta per me è una magia.
Qualcuno che questa magia è riuscita a farla usando la sua propria immagine con l’autoritratto è Frida Kahlo, la famosissima artista messicana di cui ti ho già parlato qui sul blog, che dipingendosi allo specchio ha condiviso il suo immaginario e la sua vita.
L’autoritratto fatto da Frida e il ritratto psicologico in generale, sono un modo meno razionale per rispondere alla domanda: chi sono?
È un’esplorazione interiore che parte dall’immagine di sé, che passa da “come voglio che mi vedano gli altri?” e arriva alla consapevolezza di noi stessi e alla cura della nostra autostima.
Farsi fare un ritratto, è uno modo per imparare cose di noi che non sapevamo e anche un modo per definirsi attraverso lo sguardo dell’altro. Questo meccanismo sta alla base di come noi essere umani creiamo la nostra identità: grazie a come vedo che l’altro mi vede io creo la mia identità.
Il ritratto è uno strumento per vedere gli altri e per vedere se stessi, per capire e cogliere cose che non riusciamo a mettere a fuoco.
Ho raccolto tutte queste riflessioni e i miei studi sul ritratto in un percorso che si chiama Ritratto d’Anima.
Ritratto d’Anima è proprio quello di cui ti ho parlato qui, un momento di scambio e introspezione che condividiamo e da cui nasce l’immagine che racconta il tuo essere interiore, un’opera unica che realizzo per te.
Ti invito a scoprirla qui, leggi di più su Ritratto d’Anima.