Hai mai sentito parlare di costellazioni familiari? Si tratta di una tecnica che mette in relazione i problemi e i blocchi che una persona vive nella propria vita presente con eredità psicologiche ed energetiche del proprio albero genealogico. È collegata alla psicogenealogia, alla terapia sistemico familiare e allo psicodramma e vede l’individuo all’interno del suo sistema familiare (molto allargato, perché spesso comprende parenti così lontani da non conoscerne nemmeno nome o esistenza).
Da tempo ho scoperto la tecnica delle costellazioni familiari e 5 anni fa ho deciso di partecipare per la prima volta. Da allora non avevo ripetuto l’esperienza. Per il 2017 però la mia parola dell’anno è proprio radici. Mi sta accompagnando da mesi e tra i tanti modi per concretizzarla mi è sembrato fantastico fare in prima persona una costellazione familiare. È stato questo il motivo per cui lo scorso weekend ho seguito una full immersion di ben 3 giorni con questa tecnica. Sì, sono sopravvissuta e sono qui a raccontarti un po’ com’è stata.
Cosa si fa in una costellazione familiare?
Partiamo dalle basi. In una costellazione familiare in pratica ci si trova in gruppo con altre persone, più o meno conosciute (ma esistono anche sessioni individuali). Ognuno arriva con in mente il problema o la situazione del presente che vuole risolvere. A turno si scelgono alcuni trai i presenti e si fa mettere in scena (o meglio, in campo) la propria situazione. C’è chi interpreterà persone (mamma, papà, nonni, avi sconosciuti) e chi magari elementi astratti (una malattia, un segreto, la realizzazione economica).
Non c’è un copione o una canovaccio da seguire. Chi partecipa ed è in campo, pur sapendo ben poco (o nulla) della persona per cui stanno costellando, inizia a muoversi nello spazio, a provare emozioni e a reagire come se fosse effettivamente ciò che è stato chiamato a rappresentare. È molto difficile descrivere quello che si sperimenta. Una parte del cervello, soprattutto le prime volte, resta sospettosa e si chiede cosa diavolo stia succedendo. L’altra parte invece si scollega e semplicemente inizia a sentire: che posizione assumere nel campo, se stare vicino o distante da qualcuno, seduto, in ginocchio o focalizzato su qualche particolare. Insieme si segue il flusso, ci si muove e si crea la dinamica su cui poi si andrà a lavorare con il facilitatore.
Esistono diversi metodi per procedere a questo punto. Quello classico, ideato da Bert Hellinger (a fine articolo trovi un link per approfondire), prevede il silenzio.
Come nel Fight Club, la prima regola delle costellazioni familiari è non parlare della propria costellazione (almeno per 3 settimane).
Il motivo non è far diventare il tutto una setta massonica, ma semplicemente per lasciare che la tua parte inconscia agisca e metabolizzi con calma, senza che la mente razionale vanifichi tutto il lavoro.
Nella versione che ho sperimentato questo weekend invece è previsto l’utilizzo della parola durante la costellazione, ma in forma quasi rituale. Si chiama costellazione crearmonica ed è stata ideata da AlbaSali (il link lo trovi più avanti). Si crea così un dialogo, guidato da chi facilita la costellazione, tra la persona direttamente coinvolta e i vari rappresentanti in campo. Si sciolgono i nodi che hai in gola, puoi ricucire relazioni o tagliare definitivamente quelle rimaste in sospeso da troppo tempo. Un processo davvero catartico.
Cosa si prova a fare le costellazioni familiari?
L’esperienza è molto soggettiva, ma di sicuro posso dirti che si provano una gran varietà di emozioni diverse: tristezza, rabbia, gioia, leggerezza, nervosismo, pace.
La seconda regola delle costellazioni familiari è avere sempre un fazzoletto a portata di mano, perché si piange come delle fontane.
Non importa se stai lavorando direttamente su un tuo problema personale, se resti seduta a osservare o vieni coinvolta a rappresentare un aspetto nel campo. È molto facile che ti ritroverai con gli occhi lucidi a un certo punto. Si vanno a toccare infatti emozioni forti, nodi profondi e antichi. Tutto viene risvegliato: la tua infanzia, i ricordi familiari, le credenze più o meno esplicite che hai adottato nella tua vita fino ad ora. Quando stai partecipando a una costellazione, senti che tutti gli scheletri chiusi nel tuo armadio stanno venendo fuori, in stile Halloween. E quando la osservi da esterno, è come vedere un film tremendamente strappalacrime.
Durante le costellazioni familiari si ascoltando storie dure, tragiche o dolorose. Ognuno apre il proprio vaso di Pandora e condivide quello che c’è dentro. Per farlo ci vuole tanto coraggio, e non parlo di quello eroico che spesso si vede nei film. Parlo del coraggio della vulnerabilità di cui parla Brené Brown (ti metto il link in fondo all’articolo).
È stato incredibile per me vedere tutta la forza che c’è in ogni storia, nascosta dietro al volto di persone comuni che incontri ogni giorno per strada.
E mi ha ancora di più colpita rendermi conto che ogni evento del passato, seppur terribile, ha avuto nel tempo effetti positivi (un po’ come nella storia cinese che ti raccontavo qui). Il presente non ci sarebbe senza quella morte, quella malattia o quell’abbandono così doloroso. Alcune persone non sarebbero neppure mai nate se lo cose fossero andate in un modo diverso.
In quel punto del passato si è creato spazio affinché crescessero i rami della possibilità che si sono poi manifestate.
Vuoi approfondire?
Ti consiglio allora di leggere questo libro di Bert Hellinger, questo di AlbaSali (io lo sto leggendo proprio in questi giorni) e il mio preferito di Brené Brown.