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perché fare un rebranding
Negli ultimi mesi non faccio che parlare di rebranding, lo so, e forse qualcuno si sarà anche stufato. Soprattutto perché ne parlo, ne parlo, ma da fuori al momento sembra tutto piuttosto uguale a prima!
Effettivamente a quest’ora avrei voluto già aver concluso anche la parte operativa, cambiando grafica e sito. Ma i tempi si sono allungati più del previsto e sto iniziando questa fase solo ora. Infatti la prima parte di riflessione ha richiesto più attenzione del previsto. E sì che lo sapevo che non sarebbe stato facile.
Intanto in questi mesi, mentre ho fatto a tutti una testa così parlando di rebranding, molti mi hanno chiesto perché avessi deciso di farlo. Rispondendo allo stesso interrogativo più volte, sono andata anche io sempre più a fondo con la risposta, portando a galla nuove riflessioni.

Cosa vuol dire fare un rebranding?

Premetto che non sono una professionista del marketing e tutto quello che ti racconto è esperienza fatta sul campo (e sulla mia pelle). Rebrandig significa trovare un nuovo posizionamento sul mercato per qualcosa che c’era già. Un’azienda, un professionista, un prodotto o un servizio, quando nascono, hanno una loro identità che viene confermata nel tempo. Ma come ogni cosa, anche questa identità cambia ed evolve.
Per il mondo del business abbiamo a volte una mentalità meccanicistica, da ingranaggi: una volta trovata la giusta combinazione, pensi che il gioco sia fatto. E invece sai bene che il mondo del lavoro è un fermento continuo. Così non solo cambia tutto ciò che è naturale e organico: anche il business ha le sue fasi, i suoi cambiamenti e i riti di passaggio. Il rebranding sancisce ufficialmente la chiusura di un ciclo e l’apertura di una nuova fase.

Perchè fare un rebranding?

Io all’inizio non sapevo di voler fare un rebranding, cioè di voler trasformare il mio lavoro.
Il cambiamento è qualcosa che conosciamo bene nella vita e che, in qualsiasi settore, suscita sempre naturali resistenze. Così non mi sono svegliata un giorno pensando “Sai che c’è? Cambiamo tutto!”. Ho iniziato invece a sentire che non stavo più bene nella mia pelle. Il cambiamento può avere diverse cause: può essere determinato dall’esterno (e arrivarti addosso come un treno) o può essere una decisione che scegli di fare in modo consapevole. Per me è stato tutte e due le cose. Da una parte i segnali esterni mi hanno fatto capire che qualcosa doveva cambiare, perché non sempre i risultati che ho raggiunto sono stati all’altezza dei miei desideri o anche solo dello sforzo. E dall’altra parte io ho iniziato a non riconoscermi più in quello che stavo facendo. Noia, stress e routine sono aumentate lasciando poco spazio al divertimento e all’entusiasmo.
Così ho iniziato a fare qualche cambiamento sporadico: un servizio modificato, qualche aggiornamento sulla homepage del sito, una nuova foto profilo. Ma non sapevo ancora se avevo bisogno di un rinnovamento, cioè del rebranding, o di chiudere tutto e ricominciare proprio da zero. Ci ho pensato, sai. E ho anche chiesto un parere a Enrica e Ivan che si occupano di marketing (se non li conosci, ti metto il link alla fine di questo articolo): mi hanno risposto che se pensavo di cambiare completamente target e prodotto, sì, era meglio chiudere e ricominciare; altrimenti no. Allora mi sono chiesta: “quanto voglio cambiare?”.

Rebranding significa cambiare logo?

Spesso quando si parla di rebranding si pensa solo alla sua manifestazione esteriore: un logo nuovo, una grafica diversa. Lasciami dire che quella è solo la punta dell’iceberg. Dietro, e prima, ci sono tante riflessioni e scoperte. Che sono poi quelle che ti fanno capire come (e se) rifare davvero il logo e la grafica.
Alla domanda “quanto voglio cambiare?” io mi sono risposta “abbastanza, ma non troppo”. Quello che ho fatto negli ultimi anni per me è stato importante e lo è ancora. Non voglio sradicare tutto e riseminare, voglio continuare ma in modo diverso. Ho sempre percepito il mio lavoro come l’intersezione di 3 componenti: la parte creativa, la parte intuitiva e spirituale e quella del benessere di corpo e mente. Se fino ad ora sono stata più focalizzata sulla seconda parte, ora voglio spostarmi sulla creatività e da lì avere un nuovo punto di vista. Sembra un po’ il gioco delle 3 carte, ma secondo me così funziona.

A ogni rebranding la sua strategia

Tutte queste considerazioni non sono arrivate miracolosamente insieme. Sono emerse un poco alla volta, come portate dalle maree. Dietro a un rebranding infatti non c’è solo la voglia (o il bisogno) di cambiamento: ci vuole strategia.
Quando ho iniziato a fare cambiamenti a spot, mi sono resa conto che stavano diventando troppi. Rischiavo di cambiare le cose in modo significativo, ma senza rendermi conto bene di cosa diavolo stessi facendo. È lì che ho deciso di fare un percorso di rebranding. Avere una strategia vuol dire che prima di cambiare passi molto tempo a pensare al significato di quello che stai facendo e di dove, presumibilmente, ti porterà.
La strategia è il duro lavoro dietro le quinte che non si vede da fuori. Sono i quaderni scritti fitti, le ore di ricerca su internet, i mille post-it e i cartelloni colorati, le intuizioni che arrivano agli orari più improbabili e la lacrimuccia di scoramento che prima o poi salta fuori. Questo mix unico crea la strategia, diversa di caso in caso, di rebranding in rebranding.

Fare un progetto di rebranding

Penso che tu abbia capito ormai che fare un rebranding è una faticaccia. Si tratta di riprogettare qualcosa di esistente, partendo dal quello che c’è, capendo i bisogni importanti e gli obiettivi verso cui andare. Dovrebbero metterci l’avvertenza: non rifarlo a casa! Perché anche se sei una persona davvero esperta nel settore, secondo me serve un aiuto esterno.
Io ad esempio ho scelto di fare il rebranding affiancata da Anna. Dopo l’esperienza di branding con Gioia (i link te li metto sempre alla fine), sapevo che non avrei potuto farcela senza una supervisione competente, un occhio esterno, un feedback sincero, una spalla su cui crollare. Certo, poi lo sporco lavoro di progettazione devi farlo tu. Sei tu a decidere se vuoi costruire una casa sull’albero o un castello medievale. O se magari devi solo cambiare colore alle pareti e spostare il divano. Un progetto di rebranding ti aiuta a mettere a fuoco che risultato vuoi ottenere e come puoi lavorare per andare in quella direzione.

 
Ed ecco tutti i link dei miei guru (nostrani) del marketing e del personal branding: Enrica e Ivan, Gioia e Anna.